(di Marco Martone)
Il giro di campo di Sarri a fine partita, i cori dello stadio, la festa nello spogliatoio azzurro con il presidente De Laurentiis, l’orgoglio dei tifosi che si sentono campioni. Restano queste istantanee nella mente e nel cuore, dopo l’ultima giornata di campionato, che ha regalato al Napoli un’altra vittoria, questa volta contro il Crotone, il record di punti in campionato (91) e il grande rammarico di non essere riuscito in un’impresa che in un campionato più limpido e regolare, sarebbe stata non solo possibile ma anche meritata.
Al San Paolo la festa finale di una stagione comunque straordinaria, che fa da contraltare alla disperazione di Zenga e alle lacrime di un Crotone che retrocede in serie B, non solo per propri demeriti.
La partita, senza storia, è stata decisa dalle reti di Milik, ancora una volta determinante e Callejon, che solo nel finale di torneo sembra aver ritrovato lo smalto migliore, peccato. A pochi minuti dal termine la rete di Tuminello che non cambia la sostanza della gara.
È stata la serata degli addii, quelli certi di Reina, Rafael e Maggio, colpevolmente lasciato in panchina da Sarri per tutti i 90 minuti e quelli possibili, del tecnico, che alla fine della partita non ha chiarito quelle che saranno le proprie scelte sul suo futuro.
De Laurentiis ha fatto capire che il tempo d’attesa sta terminando ma in questi casi, l’esperienza lo dice’ lo scenario può cambiare nel giro di pochissime ore. E dunque non resta che attendere, per evitare di azzardare previsioni che potrebbero essere fallaci. Complimenti alla squadra, comunque, per una stagione ricca di emozioni che qualcuno non ha voluto terminasse con un trionfo. Ci sono state delle colpe e saranno analizzate ma quando si fanno 91 punti discutere del dettaglio è una sorta di impresa a perdere. L’ultima partita al San Paolo ha detto infine altre due cose. La prima, il Napoli non può prescindere dalla conferma di alcuni giocatori, Insigne su tutti. La seconda, il prossimo anno Zielinski e Milik dovranno essere due titolari e con loro, perché la riconoscenza è una bella cosa ma poi sul campo devono andare gambe, cuore e polmoni e sacrificare Hamsik ad un ruolo un po’ più marginale, non sarebbe lesa maestà.