La Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli ha da sempre giocato un ruolo di primo piano nello studio delle specie ad alto rischio di estinzione e continua a essere in prima linea in tale attività grazie alle elevate competenze scientifiche e alla sua posizione strategica al centro del bacino del Mediterraneo. Tra le specie analizzate dalla SZN un posto di riguardo è detenuto dalla Pinna nobilis, il più grande bivalve del Mediterraneo, considerata specie a elevato rischio di estinzione dall’Unione Europea e riconosciuta come specie protetta e tutelata dalla Direttiva Habitat (92/43/EEC: Annesso IV) e dalla Convenzione di Barcellona (10/06/95, Annesso II). Grazie al coinvolgimento di numerosi network scientifici messi in campo dall’UE per la conservazione della biodiversità marina e la tutela ambientale, le popolazioni della Pinna nobilis sono state censite, costantemente monitorate ed osservate per valutare il grado di correlazione tra lo stato ecologico dell’animale (resistenza, resilienza, rischio) e il grado di impatto antropico. In questi network la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli è presente con il Francesco Paolo Patti, inserito in un gruppo di 29 ricercatori, quattro dei quali italiani, provenienti da diversi paesi del Mediterraneo. Tale team, attraverso un piano mirato di citizen science, ha condotto ben 251 osservazioni, da Settembre 2016 ad Aprile 2018 attraverso, mentre 170 osservazioni sono state riportate direttamente da cittadini coinvolti attraverso un intenso monitoraggio di circa 26 mesi di osservazioni. L’intensa collaborazione ha dato vita all’articolo:“Tracking a mass mortality outbreak of pen shell Pinna nobilis populations: A collaborative effort of scientists and citizens”,pubblicato per la prestigiosa rivista scientifica Scientific Reports. I risultati ottenuti da tale studio hanno spinto la Stazione Zoologica Anton Dohrn, al fine di attuare urgentemente interventi di conservazione mirati alla sopravvivenza di Pinna nobilis, a schierare un gruppo di studiosi coordinati proprio dal Dr. Francesco Paolo Patti (con la collaborazione dei colleghi: Maria Cristina Buia, Vincenzo Rando, Bruno Iacono e Sara Fioretti). Tale gruppo, operativo presso la sede distaccata di Villa Dohrn ad Ischia, nell’ambito del progetto “Species identity of benthic organisms and anthropic effects on marine environment revealed by multi-approach studies”, ha effettuato studi sulle popolazioni di Pinna nobilis del Golfo di Napoli e in particolare su quelle presenti nei fondali dell’area marina protetta denominata Regno di Nettuno, delle isole di Ischia e Procida. Gli esami sono stati svolti con piani di campionamento mediante visual census (tecnica di campionamento che si svolge in immersione a zero impatto ambientale che permette di censire la flora e la fauna ittica semplicemente con l’osservazione delle specie e la registrazione degli avvistamenti) prelievi di piccole porzioni di tessuto a impatto zero per l’animale. La Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo conosciuto con i nomi comuni di “nacchera” o “cozza penna”, raggiunge una lunghezza di 120 cm e, in condizioni favorevoli può vivere sino a 50 anni. Questa media, purtroppo, è stata alterata negativamente. Infatti, la specie ha subito una prepotente riduzione nel corso degli ultimi decenni a causa del prelievo illegale a uso alimentare e ornamentale e per le uccisioni accidentali causate da pratiche invasive (es. modificazioni del litorale, inquinamento, ancoraggio, utilizzo della pesca a strascico). Da aggiungere che il declino del suo habitat naturale di riproduzione (come le praterie di Posidonia) è stato registrato a causa dell’aumento della pressione antropica che ne ha notevolmente aumentato la vulnerabilità, tanto che nell’autunno del 2016 è stato osservato un evento di mortalità di massa che ha devastato l’intera popolazione di P. nobilis nel Mediterraneo. Nella pubblicazione del Dr. Francesco Paolo Patti è stata evidenziata, infatti, la diffusione di un patogeno nel Bacino del Mediterraneo del quale è stata riprodotta la dispersione simulando la deriva di particelle in alta risoluzione sulla base dei modelli regionali delle principali correnti marine. Il risultato ha suggerito che il parassita si disperda probabilmente grazie alle correnti superficiali e che il grado di patogenicità aumenta con l’aumentare della temperatura (al di sopra dei 13 gradi C). Molto probabilmente la causa determinante di questa riduzione così drastica è stata una nuova specie di endoparassita del genere Haplosporidium (Haplosporidium pinnae) che ha condotto il grosso bivalve vicino al rischio di estinzione. Grazie al contributo dei numerosi scienziati riuniti nel network e alle segnalazioni dei cittadini, è stato possibile agire in sinergia per monitorare l’andamento dell’infezione e adottare strategie di tutela ambiantale atte anche all’identificazione di popolazioni resistenti al patogeno per la naturale ripresa delle popolazioni di Pinna nobilis del Mediterraneo. Gli individui di Pinna nobilis appartenenti ai ceppi resistenti al patogeno potranno dunque essere utilizzati per effettuare ripopolamenti nelle zone dove la specie è oramai scomparsa.