di Fabio de Paulis
Le ultime vicende di cronaca, dal decesso della piccola all’ospedale di Brescia per aver contratto la malaria, alle violenze di Rimini, hanno risvegliato ed acuito rigurgiti di intolleranza che stentano a trovare logiche argomentazioni. Nella storia dell’uomo le migrazioni hanno sempre portato nel proprio ventre un insieme di uomini buoni e uomini cattivi. Questa distinzione propria della natura umana prescinde dal colore della pelle piuttosto che dal taglio degli occhi. Si ricorre quindi ad argomenti tipo la strenua difesa della propria identità culturale o della razza per giustificare il razzismo latente che pervade la nostra società. Dalla superiorità della razza ariana dell’ideologia nazista, a quello “di più bassa lega”, della Lega Nord (Cit. di Attilio Giordano), per non parlare di quella rigorosamente britannica. Leggendo la storia invece ci si rende conto che nessun impero, continente o nazione ha mai posseduto un’unica sola identità. L’impero romano era un coacervo di popoli progressivamente annessi. L’America fin dalla sua scoperta, da quella settentrionale a quella del sud è un miscuglio di razze, popoli e culture differenti.
L’Europa ha subito secoli di contaminazioni di popolazioni asiatiche. La stessa Italia unificata da soltanto un secolo e mezzo è stata per ben quattordici secoli divisa e dominata dalle più diverse etnie che francamente risulta difficile, nonostante gli sforzi diffusi, sostenere ancora oggi il concetto di identità nazionale. Siamo alla vigilia dell’11 settembre, data nefasta del calendario mondiale che ha scavato un solco ancor più grande nella millenaria sfida tra occidente ed oriente. E siamo giunti alla assoluta incapacità di gestire i flussi migratori provenienti dall’Africa, martoriata dalle guerre scatenate dalla elitè politico-economico-finanziaria, descritte invece come guerre culturali, etniche, religiose e razziali. Questa conclamata incapacità ad accettare processi naturali che avvengono da secoli, comporta la formazione dei fenomeni di intolleranza. I maldestri tentativi di conservare il proprio benessere, anzi la paura di poterlo perdere, per la mancanza di iniziativa, per la corruzione dei costumi, per la perdita dello spirito di sacrificio, portano ad accusare lo straniero come causa della dissolvenza della nostra società occidentale; portano alla formazione del pregiudizio razzista, a ritenersi assurdamente superiori per nascita.
Come la paura del cambiamento ha relegato per secoli il genere femminile a ruoli subalterni, così oggi avviene per gli immigrati. Bisognerebbe, leggendo la storia e dotandosi di un minimo di cultura filosofico umanistica, regolamentarsi accogliendo gli immigrati, aprendosi al relativismo della propria cultura, fede e convinzione, per contribuire, come è sempre stato, a realizzare una società multietnica, multiculturale, tollerante e perfettamente integrata. In fondo le frontiere ? Stanno tutte nella mente degli uomini…(cit. Thor Heyerdal).